Progettazione e realizzazione del rifacimento degli affreschi cinquecenteschi delle quattro facciate di Palazzo S. Giorgio (GE).
Palazzo San Giorgio, ora sede del Consorzio Autonomo del Porto di Genova, fu fondato nel 1260 da frate Oliviero per conto del Capitano del Popolo Gulielmo Boccanegra quale sede del governo della città.
Perduta dopo pochi anni quella funzione, ospitò uffici e addirittura divenne carcere fino a quando vi fu installato il Banco delle Compere di San Giorgio.
L’impianto architettonico medioevale fu modificato e ampliato nel 1571 e la facciata a ovest che si rispecchia direttamente nel mare assunse la funzione di vero e proprio manifesto della potenza del Banco e dell’intera città per tutti coloro che giungevano dal mare.
Le decorazioni della facciata risalgono al 1590 ad opera di Andrea Semino (1525-1594). Tali affreschi furono distrutti dalla salsedine nel corso di un quindicennio.
Nel 1606 si pensò alla loro sostituzione elaborata da Lazzaro Tavarone (1556-1641).
Verso la fine del secolo scorso parte degli affreschi realizzati dal Tavarone si dovevano leggere ancora, stando ai rilievi che realizzò Alfredo D’Andrade (1839-1915) in vista di nuovi interventi di restauro.
- Alfredo D’Andrade. Penna, inchiostro e acquarello su carta bianca.Torino, Museo Civico. Rilievo parziale degli affreschi di Lazzaro Tavarone sulla facciata di Palazzo S. Giorgio. Oltre all’”impaginazione” generale e ai moduli decorativi, risulta documentata la cromia della pellicola pittorica, ancora in ottimo stato di conservazione nel 1870.
A partire dal 1911 vennero eseguiti lavori di ristrutturazione architettonica sotto la direzione del D’Andrade, il quale affidò a Ludovico Pogliaghi (1857-1950) il compito di rifare la decorazione in modo da riprendere l’impaginazione architettonica e l’iconografia secentesca. Gli affreschi vennero eseguiti dal pittore Ferdinando Bialetti.
Prima dei lavori di restauro da noi eseguiti (dal 1987 al 1991) in occasione delle Celebrazioni colombiane, i muri dell’edificio si presentavano uniformemente grigi, con vaghe tracce di colore e scarse incisioni di contorno.
Nostro compito fu quello di ricostruire l’apparato decorativo dipinto.
Interessante fu il recupero di bozzetti e cartoni preparatori del Pogliaghi nel nostro museo varesino.
Paola Mangano Nicora
Lodovico Pogliaghi
Lodovico Pogliaghi – Milano, 1857 – Santa Maria del Monte, Varese, 1950
Originario di una famiglia dell’alta borghesia milanese, si iscrive giovanissimo all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove porta a termine con profitto il corso di studi nel 1880. L’insegnamento di Giuseppe Bertini, allora professore al Corso di Pittura, è determinante nella sua formazione che avviene a stretto contatto con la cultura accademica europea; è Bertini a influenzare maggiormente il giovane Pogliaghi, la cui formazione primaria è indirizzata principalmente alla decorazione pittorica.
Nel corso degli anni Ottanta ottiene importanti commissioni come decoratore per i palazzi dell’aristocrazia milanese. Inizia ad affermarsi con opere come il Prometeo per Palazzo Turati, 1884, e il crocefisso e i candelabri per il Duomo di Como, 1886 (ora conservati nel Duomo di Milano). Trattasi di opere che dichiarano apertamente la predilezione per la classicità ingentilita di maniera che nutre tutta la sua attività di ornatista: modello ideale è la figura di Benvenuto Cellini – amatissimo artista, benché lontanissimo per temperamento.
In questa sua prima fase di attività artistica il Pogliaghi si esercita nella realizzazione di opere d’arte sacra e avvia la sua attività di illustratore di soggetti storici per la casa editrice Treves di Milano.
Si impone sulla scena artistica milanese a seguito della nomina a professore d’Ornato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1890 e della vittoria riportata al Concorso per l’esecuzione delle imposte in bronzo del Duomo di Milano nel 1895.
Parallela ai primi bozzetti per la porta del Duomo milanese è la decisione di edificare la propria casa-studio al Sacro Monte varesino che per decenni impegnerà Pogliaghi in un’opera di connessione minuziosa, da decoratore sovrano, tra i pezzi collezionistici ai quali ispira la sua stessa visione dell’arte, dalla scultura egizia e romana alla calligrafia orientale, da Giambologna al barocco, dall’oreficeria ai tessuti, dalle medaglie (attività continua e amata di Pogliaghi, è quella di medaglista) alle ceramiche, per non dire della mole immensa di stampe d’iconografia.
Esponente di punta di una cultura eclettica, improntata al recupero degli stili storici, si dedica a una vastissima attività che lo vede impegnato nei maggiori cantieri ufficiali dell’epoca, anche come consulente della Giunta superiore di Antichità e Belle Arti e restauratore.
Negli corso degli anni Venti, pur continuando a svolgere incarichi ufficiali, si allontana progressivamente dal mondo artistico dedicandosi soprattutto a commissioni ecclesiastiche.
Nella maturità si ritira nella sua casa-museo, dove muore il 30 giugno 1950.
Paola Mangano Nicora
Lodovico Pogliaghi e Palazzo S. Giorgio – La nostra scoperta nella sua casa museo
Quando la rinomata restauratrice milanese Pinin Brambilla Barcilon ci affidò il lavoro di progettazione e rifacimento delle facciate di Palazzo S. Giorgio la soprintendenza di Genova ci aveva messo a disposizione pochissimo materiale a cui far riferimento. Innanzitutto il quadro a olio eseguito dal Pogliaghi come bozzetto della facciata a mare conservato all’ingresso del Consorzio Autonomo del Porto e una foto di un putto (affresco strappato opera del Tavarone).
Persino le foto in bianco e nero del 1913, scattate subito dopo i lavori eseguiti dal Pogliaghi furono una scoperta tarda, quando ormai eravamo alla fine della seconda facciata.
Per la realizzazione della prima facciata (facciata nord su Piazza Caricamento), e innanzitutto del bozzetto preparatorio, ci vennero in aiuto le numerose superstiti incisioni che erano state eseguite nei primi del novecento sull’intonaco fresco come base del disegno prima della coloritura. In accordo con la soprintendenza all’inizio dei lavori si decise di non realizzare le figure, nemmeno i putti, visto che non era stato trovato nessun utile disegno per una fedele riproduzione.
Mio marito, Mauro Nicora, realizzò quindi sulla base di questi pochi elementi il bozzetto ad acquarello della facciata nord.
Solo in seguito ci venne il dubbio che forse nessuno aveva avuto l’idea di andare a vedere se nella casa museo del Pogliaghi al Sacro Monte di Varese si poteva trovare qualcosa.
E così un sabato del 1988, giusto un anno dopo l’inizio dei lavori, ci recammo in quel bellissimo luogo che era stata la sua abitazione e che fu per tutta la mia infanzia immancabile sosta alla fine del cammino sul viale delle 14 cappelle, vanto del Sacro Monte di Varese.
Da bambina, con i miei genitori, si percorreva spesso il viale delle cappelle che porta a Santa Maria del Monte, meta oltre che paesaggistica anche artistica di grande livello. Al termine del percorso e prima di rifocillarci in qualche bar del paese si passava sempre per il Museo Pogliaghi che vantava anche un economico costo d’ingresso. Questa casa ha sempre esercitato su di me un fascino particolare, sia esternamente, col suo giardino all’italiana ricco di numerosi marmi antichi e moderni, che internamente con gli oggetti più disparati per epoca e area geografica, raccolti dal Pogliaghi durante i suoi frequenti viaggi in giro per il mondo. In modo particolare mi colpì sempre il sarcofago egizio, quando a quei tempi la cultura egizia era per me fonte di grande attrazione.
Il mio sguardo di bambina e poi di ragazzina veniva sempre rapito dalle scale che portavano al piano superiore ma che erano chiuse al pubblico. Una curiosità morbosa mi spingeva sempre verso di esse, curiosità che ho potuto soddisfare poi da adulta proprio in occasione del restauro di Palazzo San Giorgio.
Quando ci presentammo come i restauratori che stavano realizzando l’intervento sul palazzo di Genova, la gentilissima custode ci portò subito al piano superiore mostrandoci una saletta colma di cartoni arrotolati, ammucchiati e mai catalogati ove secondo lei qualcosa avremmo potuto trovare.
Non potete immaginare l’emozione sia per aver varcato la tanta sospirata soglia sia per aver davanti gli studi dell’artista che avrebbero potuto aiutarci nel proseguo dei lavori.
Io e mio marito iniziammo, col consenso della signora, a srotolare i disegni e trovammo subito qualcosa, qualcosa che avrebbe cambiato le sorti del restauro.
In quei primi miti giorni di primavera che rivestiva l’aria di particolare emozione trascorremmo una settimana intera in quel luogo mistico a srotolare, fotografare, catalogare e a fare i rilievi di tutto il materiale trovato. Per me, che mi sento più una ricercatrice, aver varcato quel luogo è stato come la profanazione di una tomba egizia; aggirarmi per le stanze, tra le quali una era la sua camera da letto lasciata ancora intatta sia di copriletto che di monili vari, e poter toccare con mano le opere dell’artista dimenticate in quel luogo è stata un’esperienza unica che ancora non ho dimenticato.
Devo ringraziare la custode (anche se so che ora è deceduta) per aver avuto così tanta fiducia in noi, perché a essere stati disonesti da quel luogo si poteva sottrarre qualsiasi cosa, ma credo che lei, da persona intelligente qual’era, avesse capito quanto ci spingesse la passione per il nostro lavoro in piena e totale onestà.
Paola Mangano Nicora
Lodovico Pogliaghi e Palazzo S. Giorgio (GE) Il concorso del 1910
Il Consorzio Autonomo del Porto di Genova, che aveva trasferito da alcuni anni la propria sede a Palazzo San Giorgio, dopo aver affidato ad Alfredo D’Andrade il restauro architettonico, nel 1910 bandì un concorso per il recupero della facciata a mare dell’edificio, ma la commissione esaminatrice non ritenne idoneo nessuno dei bozzetti presentati.
Nel 1910 iniziò l’opera di documentazione delle porzioni di affreschi ancora leggibili a cura dei pittori lombardi Cresseri e Bialetti.
Gaetano Cresseri (Brescia, 1870 – 1933), autodidatta, solo in età adulta formatosi a Brera, pittore fecondissimo e versatile, noto per un’abbondante produzione nell’ambito della decorazione ad affresco, sia a tema sacro sia di soggetto profano, era già conosciuto a Genova, per avere collaborato con lo stesso Pogliaghi alla parte pittorica della decorazione in San Lorenzo.
Ferdinando Bialetti (Mede Lomellina, 1864 – Pavia, 1958) fratello del più noto scultore Felice e di formazione accademica torinese, personalità dotata probabilmente di minore autonomia creativa rispetto a Cresseri, in quest’epoca aveva già operato ad affresco in diversi cantieri lombardi, a Casale Monferrato e a Genova, all’interno del Castello Mackenzie.
Il loro lavoro venne riportato in un unico disegno in scala dall’architetto Alberto Terenzio. Inoltre furono eseguite copie delle parti principale delle finte architetture, ornato e figure per conservare il tono esatto delle tinte ed addestrare i futuri esecutori alla maniera del Tavarone.
Pogliaghi, che ufficialmente in questa fase non era coinvolto, seguì in realtà l’operato dei due pittori, che già nel giugno 1911 gli inviarono alcuni cartoni, sui quali lavorò al completamento delle parti mancanti.
Il Ministero della Pubblica Istruzione, sentito il parere della Commissione appositamente nominata e formata da membri del Consiglio Superiore delle Belle Arti (Boito, D’Andrade, Venturini, Cavenaghi, Pogliaghi e Loiacono), nel 1911 espresse parere favorevole al rifacimento. In qualità di soprintendente ai lavori fu nominato Alfredo D’Andrade. Lodovico Pogliaghi assunse invece la direzione dei lavori e agli inizi del 1912 presentò il bozzetto della facciata a mare, in cui risultavano integrate le parti perdute dell’opera del Tavarone: il piano terra, le sei figure negli interassi e la decorazione della torre dell’orologio (non eseguita dal Tavarone) e preparò i cartoni relativi.
Nel maggio 1912 Cresseri abbandonò l’incarico per una controversia di natura economica: quindi, sotto la direzione di Pogliaghi, la facciata venne portata a termine da Bialetti, che ne realizzò materialmente la maggior parte degli interventi.
I lavori iniziarono nell’aprile del 1912 e dopo le interruzioni dal 15 luglio al 15 settembre di quell’anno e dal 20 dicembre al 1 marzo 1913, vennero portati a termine nel giugno del 1913.
Paola Mangano Nicora
Tratto da:
Lodovico Pogliaghi e la facciata a mare di Palazzo San Giorgio
mostra a cura di Caterina Olcese Spingardi e Gianluca Zanelli
maggio 2007
e
Genua Picta
Proposte per la scoperta e il recupero delle facciate dipinte
Aprile 1982 – SAGEP EDITRICE
Le facciate dipinte di palazzo San Giorgio a Genova; un recupero d’immagine.
Del possibile recupero dell’immagine esterna di Palazzo San Giorgio si cominciò a parlare nel momento in cui, riconsiderando il significato che l’edificio avrebbe assunto in occasione delle Celebrazioni colombiane del 1992 come sfondo scenografico del porto antico e delle manifestazioni in esso ospitate, le Soprintendenze riesaminarono lo stato di decadimento dei prospetti alla luce di esperienze di restauro acquisite dirigendo interventi analoghi e tenendo conto dei risultati del Convegno di studi sui problemi di conservazione e restauro delle facciate dipinte, tenutosi a Genova nel 1982.
Dai confronti che questo convegno aveva reso possibile era infatti emerso chiaramente come la reintegrazione pittorica delle lacune, realizzata fino a quel momento a Genova al fine di salvaguardare l’autenticità degli affreschi a scapito della loro unità compositiva, era condotta invece nei paesi dell’Europa centro-orientale come vero e proprio rinnovamento in base al concetto critico secondo il quale i caratteri tipologici e visuali della città devono essere assolutamente conservati, cancellando ogni alterazione dovuta al tempo o a fenomeni contingenti.
Anche se inizialmente la documentazione a nostra disposizione per il rifacimento delle facciate era molto scarsa le Soprintendenze di Genova si gettarono a capofitto in questa nuova impresa, ambizioso progetto non solo per la città di Genova ma che addirittura in tutta l’Italia non aveva uguali.
Il nostro intervento di ricostruzione dei dipinti del San Giorgio si pose come archetipo di una lunga serie di rifacimenti che negli anni a seguire segnarono una rinascita estetica del centro storico di Genova, così come essa si mostrava sorridente negli anni passati.
Scrive l’Argan: – Era una città piena di figure e di colori pavesata come una nave in un giorno di festa: le pitture sulle facciate erano un continuo discorso, tra aulico e vernacolo. Di quelle pitture i bombardamenti aerei e navali dell’ultima guerra hanno distrutto una gran parte: motivo di più per conservare con metodo e con cura tutto quello che rimane. –
Il nostro intervento si caricò di forza e importanza sia in corso d’opera che a lavoro terminato affrontando la sfida che Pinin Brambilla ci affidò.
Un tempo lavori di questo tipo erano all’ordine del giorno. Dalle accademie uscivano artisti specializzati in ogni settore. Ecco quindi che in un progetto di questo tipo c’era chi disegnava i bozzetti, chi si occupava delle murature, chi dipingeva solo le cornici e chi le figure.
Tutto questo insieme di competenze furono affrontate da mio marito Mauro Nicora al quale spetta il merito dell’intero intervento che andrò illustrando nei prossimi post.
Paola Mangano Nicora
Quando mostravamo le foto dei lavori eseguiti sulle facciate di palazzo San Giorgio ad amici o conoscenti, ci veniva spesso chiesto su che cosa di preciso stavamo intervenendo. All’inizio non capivamo ma col tempo ci rendemmo conto che era tale il verismo delle finte architetture, dei finti fregi, cartigli e statue che in foto diventava arduo comprendere che quelle facciate erano piatte e che tutto ciò che si vedeva era dipinto sopra.
Da allora comprendemmo l’importanza di mostrare sempre anche foto prima dei lavori di ricostruzione perché si potesse assaporare l’effetto scenografico dipinto delle finte architetture.
Come già ho scritto in un post precedente i lavori iniziarono con la facciata su Piazza Caricamento senza una accurata documentazione, arricchita in seguito con i fortunati ritrovamenti nella casa museo del Pogliaghi a Varese.
Ecco che per la realizzazione della facciata si rese necessario un accurato bozzetto ricavato dalle incisioni ritrovate sull’intonaco originale.
La facciata si presentava in questo stato di conservazione.
La realizzazione finale fu questa.
Mi permetto una piccola nota di merito.
La composizione pittorica della nicchia con all’interno la rappresentazione del Genio della Nautica fu affidata inizialmente al pittore genovese Raimondo Sirotti. L’artista aveva a disposizione un carboncino su carta conservato nel Museo Civico di Torino, che il Pogliaghi aveva realizzato come cartone preparatorio per la composizione. Il lavoro portato a termine dal Sirotti, una sorta di reinterpretazione in chiave moderna, si rivelò così discordante col resto della facciata che fu necessario cancellarlo levigando tutta la superficie. A questo punto la sovrintendenza decise di affidare il lavoro a noi.
Paola Mangano Nicora
Palazzo San Giorgio (GE) – Metodologia d’intervento – Cartoni
L’intervento operativo ha preso avvio dalla conservazione e conseguente restauro degli intonaci originali:
1) Deumidificazione dei muri
2) Consolidamento degli intonaci
3) Pulitura ed integrazione con malte analoghe a quelle originali.
In studio sono stati eseguiti tutti i cartoni con relativi spolveri degli elementi decorativi più importanti (fregi, capitelli, festoni, figure ecc.).
Le finte statue nelle nicchie raffiguranti personaggi noti della storia di Genova sono stati copiati da quelli del Pogliaghi a metà del vero (2 metri circa) per lo studio del chiaroscuro.
In seguito quadrettati e ingranditi alla misura reale (4 metri circa) per la realizzazione dello spolvero su carta lucido. Il disegno finale così ottenuto è stato bucherellato per essere riportato sul muro.
Paola Mangano Nicora
L’intervento pittorico è stato realizzato con colori ai silicati, pittura altamente traspirante che assicura risultati di trasparenza pittorica come l’affresco.
L’intonaco è stato inizialmente preparato spazzolando la superficie per eliminarne tutti i residui non bene ancorati, polvere atmosferica ecc.
Dopo un’accurata stuccatura dei buchi e lesioni presenti, eseguita con grassello di calce stagionato almeno due anni e sabbia di granulometria simile a quella originale, si è provveduto alla messa in opera di una mano di fissativo, prodotto specifico per la preparazione ed il consolidamento delle superfici destinate ad essere dipinte con la Pittura ai Silicati.
Sopra questa superficie così rifinita e trattata sono state stese due mani di bianco.
A questo punto, sulla superficie muraria bianca, vennero impostate le linee delle finte architetture, battute con le corde e poi disegnate con riga e pennello…….
……si posizionarono gli spolveri degli ornati e delle figure……
si disegnarono a pennello gli spolveri…..
In seguito vennero posate le prime velature di colore che determinarono i vari piani aggettanti ……..
…..e infine si eseguì il chiaroscuro di tutti gli elementi lavorando con tecnica a velatura.
Paola Mangano Nicora
Un po’ di documentazione fotografica della metodologia di lavoro.
Fregio facciata Nord
Buongiorno Paola, onoratissima di aver ricevuto il tuo commento, il restauro di San Giorgio è un lavoro meraviglioso del quale ringrazio, da genovese innamorata della sua città sono veramente fiera di vedere questo magnifico palazzo restituito al suo antico splendore.
Complimenti a te e a tutti coloro che hanno contribuito. Grazie!
[…] ha contribuito a rendere questo palazzo così come oggi lo vediamo, ha un blog professionale e qui trovate una delle pagine dedicate a San Giorgio. Il suo è davvero un lavoro prezioso che ha […]
faccio la restauratrice e decoratrice…vivo e lavoro tra L’Aquila e Roma. sono estasiata dal lavoro svolto in gruppo con tanta pulizia e professionalità. Genova è un luogo magico per il riverbero della luce sulle facciate e sui colori che soltanto in questo luogo rendono le trasparenze in modo sublime. GRANDE OPERA!
grazie mille e buon lavoro anche a te!
Magnifico intervento che dura anche nel tempo, nonostante l’aria di mare che si sa non è proprio salutare per questi interventi.
Complimenti !
Grazie! E’ vero, l’aria marina, con la sua concentrazione di sali, ha un potere corrosivo altissimo. Sono passati ormai 27 anni dagli inizi dei lavori e qualche ritocchino andrebbe fatto. Ma, considerando come versa lo stato dell’arte al giorno d’oggi, dubito fortemente possa esserci l’intenzione di porvi mano. La manutenzione non fa parte degli obbiettivi della nostra società e, come nostra, intendo italiana che è un vero caso a sé.
Bello leggere questi post…con riferimenti storici del passato e anche relativamente recenti….ci illuminano sulla storia della nostra città …grazie per tutti i dettagli.
Rivisto per l’ennesima volta! Mi piace troppo!
Grazie all’articolo di Miss Fletcher ho potuto prendere visione di questo stupendo lavoro di restauro e della sua documentazione su blog. Complimenti vivissimi a Lei Paola e a Suo Marito.
L’Italia ormai si regge solo su persone come voi!
Onoratissima di questo suo entusiasmo. La ringraziamo molto 🙂
Bellissimo progetto e grande realizzazione! Mi hanno sempre appassionato questi lavori, avrei voluto intreprendere anche io il mestiere del restauratore essendo appassionato di arte antica e discretamente dotato dal punto di vista artistico.